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Le Malattie dei polli

Testi tratti da Pollicoltura di Marino Cortese 1969 (nell'ottava edizione)

Molteplici possono essere le cause delle malattie e cioè:

  • da virus (diftero-vaiolo, pseudopeste, malattia di Marek, leucosi, laringotracheite ecc.);

  • da batteri (colera, tifo, salmonellosi, stafìlococcosi ecc.) ;

  • da miceti (aspergillosi, mughetto, tigna);

  • da zooparassiti : tracheali (singamosi) ; intestinali (verminosi); sottocutanei (acariosi);

  • esterni (pidocchi, dermanissi) ;

  • da carenza (avitaminosi, rachitismo);

  • da fattori nervosi (pica, epilessia) ;

  • da fattori alimentari (gotta, pneumatosi) ;

  • da fattori traumatici (ferite, fratture) ;

  • da fattori diversi (avvelenamenti).

1 - Diftero-vaiolo

Si identifica forse con l'epitelioma contagioso che già nel passato era solito comparire con una certa frequenza negli allevamenti di campagna, specialmente nella stagione estivo-autunnale, mentre negli attuali allevamenti può presentarsi
in qualsiasi periodo dell'anno tanto più se favorito da avverse condizioni di temperatura, umidità, aerazione, alimentazione e carenza della vitamina A. 
Colpisce anche i tacchini, fagiani, colombi, quaglie e canarini, raramente i palmipedi; nei pulcini solitamente non si verifica prima che abbiano 4 settimane di vita.

E' dovuto ad un virus filtrabile e si propaga sia direttamente a mezzo delle false membrane o del pus, sia inderettamente col tramite della bevanda., del cibo, delle feci e del terreno infetto. Veicoli importante della malattia sono pure le zanzare che, con le punture, trasmettono l'infezione dai soggetti infetti a quelli sani.


Il decorso può essere sub-acuto (3-5 giorni) oppure cronico (3-5 settimane). La mortalità, specialmente nei giovani, per la minore resistenza organica, risulta sempre assai elevata (anche del 70% e più) mentre negli adulti può scendere assai 5-15-20%): vi sono razze, come la Livornese meno recettive rispetto ad altre, come la New Hampshire. Si nota pure arresto di sviluppo e della ovodeposizione (per 3-4 mesi).

La malattia si suole presentare nelle seguenti due forme:

1. Difterica che a sua volta, a seconda delle manifestazioni, si distingue in:

a) orale: sulla mucosa della bocca e faringe compaiono delle placche (non crostose) che a poco a poco confluendo finiscono col dare origine ad una pseudo membrana trasudante un liquido bianco-grigiastro e causa di difficoltà nella prensione del cibo e della respirazione; tutta la regione è infiammata e resa dolorosa, il soggetto è triste, non mangia ed alle volte presenta diarrea.
La terapia è sintomatica: pennellare, con una piuma, la mucosa arrossata con una miscela di tintura di iodio (p.1) e glicerina (p.3): il pollo vien fatto tenere disteso su di un tavolo da un aiuto.
Per i soggetti apparentemente sani si ricorre al più presto alla vaccinazione, come si dirà più innanzi;
b) nasale: dalle narici cola un liquido sieroso; giovano inalazione di antibiotici assai più efficaci delle instillazioni di preparati a base di essenza di eucaliptolo.
e) oculare: tutte le parti dell'organo visivo sono arrossate e tumefatte, così che alle volte si può arrivare alla cecità. Cura: con un batuffolo di cotone imbevuto di acido borico al 3%, o con altro collirio (es. nitrato di argento all'1:400) si asporta il secreto mucoso.
2. Vaiolosa: questa forma apparentemente più impressionante della precedente è in realtà meno temibile, tanto che spesso il malanno scompare senza conseguenze; è caratterizzata dalla comparsa di noduletti, dapprima biancastri e poi nerastri, su tutta la faccia ed altri organi, zampe comprese.
Occorre prendere le consuete precauzioni di isolamento e disinfezione.
Nelle regioni caldo-umide, ove la malattia può presentarsi più di frequente, è consigliabile sottoporre le galline alla vaccinazione antivaiolosa, da eseguirsi possibilmente da agosto ad ottobre quando le ovaiole sono in fase di diminuita deposizione perché si osserva sempre una conseguente viva reazione.
Per i soggetti da carne alle volte si può anche tralasciarla dato il loro breve ciclo vitale. Per gli allevamenti in batteria si interviene quando i pulcini hanno circa 3 settimane. I polli che siano stati vaccinati acquistano la immunità per 9-10 mesi: occorre assicurarsi che il vaccino sia di recente preparazione.
Tra i vaccini in commercio vi è pure quello della Behringwerke ottenuto su colture cellulari e non su uova embrionale, così che viene eliminato ogni timore di eventuali trasmissioni di malattie veicolabili con l'uovo embrionato. 
Detto vaccino si inietta con agopuntura: la validità di conservazione è di un anno e va tenuto in frigorifero a 4 0C. La stessa Casa prepara pure il bi-vaccino che oltre a conferire la immunità per tutta la vita nei riguardi del difterovaiolo, esplica pure un'azione preservativa contro la pseudopeste immunizzando il soggetto per la durata di 3-4 mesi purchè in precedenza abbia subito il trattamento base mediante l'idrovaccino o con quello oculo-nasale.

Da tenere presente che sintomi affini a quelli sopraindicati possono riscontrarsi in conseguenza di grave carenza della vitamina A (cheratomalacia), però il decorso è molto lento.

2 - Peste e pseudopeste

La prima, detta classica, da parecchi anni non è stata da noi più osservata e pertanto si tralascia dal descriverla: ben diverso è il caso della seconda che ne è una varietà e che venne molte volte confusa con la laringotracheite avente sintomatologia affine.

L'agente specifico lo si ritiene un virus filtrabile e come tale visibile solamente con un microscopio elettronico.
Le prime dolorose avvisaglie si ebbero nel 1925, ma fu nel 1940 che il malanno assunse in molte località il carattere di panzozia così da costituire un vero terrore per chi possedeva dei pollai e gran parte di essi vennero purtroppo decimati: in seguito, pur continuando a serpeggiare, subì un declino un po' dovunque. La sua comparsa si verifica
specialmente nel periodo estivo-autunnale e non risparmia nessun tipo di allevamento sia rustico che industriale e quando è in atto non c'è nulla da fare tanto la sua azione deleteria, è immediata ed impressionante: i soggetti giovani risultano così sensibili da dare una mortalità anche del 100%!
Sono poi particolarmente ricettivi i tacchini, la qual cosa dovrebbe ammonire gli allevatori a non permetterne la convivenza con i polli: molto meno lo sono le faraone, i pappagalli ed i passeracei in genere.
I primi sintomi sono quelli consueti ad altre malattie infettive: piumaggio opaco ed arruffato, mancanza di appetito, sete ardente per la notevole elevazione termica, grave prostrazione, tremori, debolezza degli arti, cianosi delle parti carnose della testa, diarrea a cui ben presto fanno seguito altre manifestazioni tipiche: fuoriuscita di catarro grigiastro dalle narici, fatti paralitici, rantolo laringotracheale, dovuto ad ingombro di muco e di pseudo membrane, becco tenuto quasi sempre aperto.
A differenza della corizza manca la infiammazione congiuntivale: l'animale si apparta sonnolento assumendo alle volte una strana posizione assisa, da pinguino, finché allunga il collo, reclina il capo e soccombe per fatti asfittici: mentre nel colera la morte é improvvisa, nella pseudopeste la stessa non si verifica che qualche giorno dopo l'aggravarsi del male. I pulcini vengono colpiti solamente dopo 10-12 giorni dalla nascita allorché vien meno la naturale immunità: dato l'affollamento che sempre si ha nelle batterie si comprende come quivi il male possa diffondersi con maggiore facilità. Quei soggetti che riescono a guarire possono tirare avanti per 6-12 mesi, é però utile precauzione quella di scartarli in quanto non si può mai escludere che divengano pericolosi propagatori del virus o che finiscano col soggiacere a gravi alterazioni nervose.
Eseguendo l'autopsia si riscontrano lesioni alle vie respiratorie, accentuata infiammazione del proventriglio ed ulceri emorragiche sulla mucosa intestinale.
La diffusione del virus é veicolata dagli alimenti, dalla bevanda, dagli escreti, dalla lettiera (tutti contaminati dal catarro), dagli uccelli che si portano dagli allevamenti rustici, infetti, ad altri sani, dalle uova da cova provenienti da galline ammalate, ed anche dallo stesso personale addetto alla pulizia, con le scarpe, le scope e quanto altro venuto a contatto del materiale infetto, imballaggi per uova compresi.
La pseudopeste è malattia che deve essere denunciata all'autorità sanitaria.
Per limitare l'estendersi del male si seguano le norme consuete : si uccidano i soggetti più gravi e si isolino gli altri per almeno 15 giorni: si disinfetti il locale e si obblighino i polli a bere soltanto acqua medicata in uno dei modi già esposti. L'alimento sia parco ma sostanzioso ed addizionato del complemento minerale e vitaminico. Prima di acquistare dei soggetti accertarsi che non provengano da zone infette e possibilmente si cerchi di avere l'assicurazione che sono stati vaccinati.
La terapia, come per tutte le malattie virali, non è possibile: non rimane quindi che la preventiva profilassi della vaccinazione, da estendersi a tutti i soggetti dell'allevamento, e resa possibile in quanto esistono oggi diversi vaccini di sperimentata efficacia e di vario impiego (1).
(1) Alcuni sono preparati col procedimento dell'embrione di pollo che, in succinto, è il seguente : si prende un uovo di pollo fecondato e da qualche giorno in cova, di guisa che l'embrione venga a trovarsi in piena fase di evoluzione; su di esso si semina del virus pseudopestoso ricavato da un animale ammalato; i microrganismi in esso contenuti rapidamente vi si moltiplicano così da poterli poi utilizzare a scopo di studio o per prepararne i vaccini.

1) Vaccino oculo-nasale: è il più pratico perché di facile applicazione anche per pulcini appena nati, questi, infatti, anche se provenienti da galline sane e vaccinate, non acquistano immunità ma soltanto un certo grado di resistenza; la vaccinazione la si attua al decimo giorno di vita inoculando nell'occhio due gocce del liquido, da ripetersi 60 giorni dopo e successivamente al 135m0 giorno. Nel caso che la vaccinazione sia stata fatta il giorno dopo la nascita, la si dovrà ripetere al 30- giorno : ne consegue che i soggetti da carne riceveranno una sola vaccinazione, mentre le pollastrelle una ogni tre mesi e sempre agendo in modo che l'intervallo coincida con la deposizione.
2) Idrovaccino: 50 dosi vaccinali si aggiungono ad un litro d'acqua da bere somministrata in un abbeveratoio a sifone e di vetro. Questo procedimento è pratico e spiccio e quindi particolarmente indicato per i grandi allevamenti sia in batteria che a terra per i quali quello a gocce risulta lungo ed oneroso; é facile però comprendere che può però rendersi aleatorio in quanto mancherà sempre la certezza che ogni soggetto beva la quantità d'acqua richiesta entro le 5 ore, perché nelle successive il vaccino diminuisce la sua attività: da aggiungere che parte di esso va disperso lungo il canale intestinale: si consiglia comunque di togliere gli abbeveratoi 4-5 ore prima della cura in modo da assetare i soggetti e del pari sospendere l'apprestamento del mangime.
La prima vaccinazione ai pulcini si eseguisce a 5-7 giorni di vita, ripetendola al 250-300 giorno ed infine dopo due mesi.
L'acqua da bere dev'essere pura (meglio se piovana) ed assolutamente immune da precedenti aggiunte di sostanze medicamentose.
3) Vaccino spento: è totalmente innocuo e lo si può adoperare per polli di qualsiasi età, anche in deposizione, mediante iniezione profonda nei muscoli della coscia; l'immunità ha luogo dopo 12-15 giorni ed è di lunga durata cosicché non si rendono necessari successivi interventi; esistono siringhe a riempimento automatico e per iniezioni a ripetizione che agevolano assai la manualità.

3 - Laringotracheite

È una malattia infettiva sostenuta da un virus. Segnalata già dal 1964 in Italia, non ha mai recato molto danno per la bassa patogenicità dei ceppi virali riscontrati. Nel 1980 però, in seguito probabilmente ad importazioni di polli infetti con ceppi di virus più patogeni, la malattia si diffuse rapidamente in tutto il nostro Paese causando notevoli perdite negli allevamenti intensivi, soprattutto tra le galline ovaiole allevate in batteria.
I sintomi sono: respirazione a becco aperto e continui colpi di tosse; il becco è spesso sporco di sangue, proveniente dalla trachea. Questa, all'esame necroscopico, si presenta fortemente arrossata e contenente abbondante essudato catarrale o emorragico. Grazie all'intervento presso il Ministero della Sanità operato dalle Associazioni scientifiche e di categoria, già pochi mesi dopo la comparsa di questi focolai venne autorizzato l'uso di un apposito vaccino.
La laringotracheite difficilmente colpisce i pollai rurali.

4 - Malattia di Marek

È una malattia di origine virale diffusa ormai in tutto il mondo. La diversa sintomatologia con cui si presenta é tale da permettere la seguente distinzione
1) forma viscerale (impropriamente detta del fegato grosso) caratterizzata da iniziale debolezza generale seguita da dormiveglia, arresto di ogni movimento, annerimento della cresta: sia il fegato che la milza ed i restanti visceri (reni, polmoni, cuore, ovaio) si presentano di eccessivo sviluppo : il primo anche dieci volte il normale ed in più cosparso alla superficie di striature biancastre lardacee;
2) forma cutanea, nella quale la cute è cosparsa da tumoretti biancastri in corrispondenza dei follicoli piliferi;
3) forma paralitica in cui è particolarmente interessato il sistema nervoso periferico, con una vaga assomiglianza ad una malattia " da carenza " : il sintomo patognomonico è rappresentato dal fatto che il pollo, nello stadio avanzato del male, cade al suolo con un arto contratto e l'altro disteso, così che non potendo più muoversi è destinato a morire di inedia; i giovani di 2-5 mesi sono i più ricettivi;
4) forma oculare (o dell'occhio grigio) caratterizzata dalle palpebre semichiuse così da dare al paziente il cosiddetto "aspetto da pesce ";
Oltre ai consueti sintomi generali si verifica sempre una progressiva e letale anemia. Il pulcino si infetta nei primissimi giorni di vita.
L'incubazione del male ed il decorso sono assai lenti e le suddette tipiche manifestazioni differenziali compaiono dopo 2-6 mesi; oggi disponiamo di un vaccino specifico, da praticarsi a 1 giorno di vita per via intramuscolare; altri buoni mezzi di difesa sono: scartare dalla incubazione le uova emesse da galline ammalate, tener separati i pulcini dagli adulti, lottare contro gli insetti parassiti che si fanno spesso veicoli della diffusione del virus, attenersi a ceppi di polli resistenti, somministrare alimenti sostanziosi addizionati di condimenti minerali oligodinamici, disinfettare accuratamente il pollaio con soluzioni di creolina o formalina.

5 - Colera aviario

È una grave setticemia sostenuta dal batterio Pasteurella multocida che può colpire tutti i volatili domestici e diffusa da veicoli diversi : saliva, bevanda, cibo, escrementi, insetti. L'agente infettivo può resistere a lungo nell'ambiente risvegliandosi specialmente nel periodo estivo-autunnale. Negli allevamenti campagnoli la malattia presenta spesso
andamento acutissimo tanto da aversi la morte dei soggetti dopo poche ore di malessere generale. Negli allevamenti industriali, invece, il colera si presenta di rado e saltuariamente causando di quando in quando qualche morte improvvisa. Soltanto qualche volta i colpiti soggiaciono ai soliti sintomi in precedenza indicati, più spesso, data la rapidità del decorso, l'animale muore senza apparente deperimento e persino col gozzo ripieno di cibo. Una circostanza che permette di distinguere questa malattia da altre (compresi certi casi di gravi avvelenamenti) è quella che i colpiti non muoiono mai contemporaneamente ma si ha una specie di stillicidio per diversi giorni e per gruppi diversi di animali.
In pochissimi casi si può avere la guarigione spontanea però sempre con residue alterazioni alle ali ed alle zampe.
Eseguendo la autopsia si riscontra il fegato e la milza ingrossati ed il primo tutto cosparso di punticini giallastri.
Tenuto presente che questo male é spesso legato a particolari condizioni ambientali di determinate zone ove suole comparire quasi ogni anno, non si tarderà a prendere le solite precauzioni: isolare, o meglio uccidere subito i primi colpiti, interrare profondamente le carogne, disinfettare il pollaio, i suoi annessi e terreno circostante, medicare l'acqua da bere con sulfachinossalina.

6 - Micoplasmosi

Le malattie specifiche dell'apparato respiratorio sono parecchie e di solito conseguenza di basse temperature, di scarsa aerazione o di eccesso di umidità ambientale, in aggiunta a deficienze alimentari e vitaminiche (soprattutto al riguardo del fattore A). Di alcune di esse, come la suddetta, più comunemente indicata col nome di malattia cronica respiratoria (M.C.R.), sono spesso tipiche degli allevamenti intensivi: i sintomi sono quelli consueti: difficoltà di respirazione, rantoli, anoressia e generale prostrazione; narici e gola possono essere sempre intasate da essudato catarroso, i bronchi ed i polmoni non manifestano alterazioni di rilievo, mentre si presentano molto colpiti i sacchi aerei.
L'intervento presuppone la somministrazione di sulfamidici ed antibiotici completati da nebulizzazioni dell'ambiente con formalina all'uno per cento.

7 - Bronchite infettiva

È una virosi che nel passato era così poco nota che molti manuali neppure la citano, ma in questi ultimi anni ha fatto la sua comparsa preoccupando seriamente i pollicoltori.
La sintomatologia è quella tipica delle affezioni respiratorie: tutti gli organi della testa si mostrano infiammati, inoltre si ha forte lacrimazione e frequenti colpi di tosse e rantoli dovuti alla ostruzione catarrosa delle narici e trachea: sempre nei pulcini si nota immobilità, collo torto, becco aperto.
Il periodo di incubazione è molto breve e rapidissimo il contaggio tra soggetti conviventi; il decorso della malattia è di una-due settimane.
Non si tardi ad attuare le consuete disinfezioni ed inoltre si cerchi di evitare il freddo e l'umido.
Oggi esistono in commercio appositi vaccini preparati con virus bronchitici vivi ed attenuati.

8 - Corizza

È una affezione delle vie respiratorie e di essa si distinguono due forme, una più lieve detta semplice e l'altra più grave detta infettiva cagionata da batteri; sono entrambe favorite dai bruschi abbassamenti di temperatura, da riscontri d'aria e da ristagno di umidità: pur comparendo
più di frequente nella stagione autunno-invernale non è da escludersi anche nell'estate, però in questo caso la guarigione è più sollecita.
L'andamento della prima forma è sempre benigno purché non si trascurino le consuete norme igieniche per non incorrere nel pericolo che si trasformi in quella infettiva: essendo tutte e due contagiose si provvederà alla disinfezione del ricovero e suppellettili.
La semplice viene considerata come un forte raffreddore accompagnato da generale prostrazione, tosse, sternuti ed abbondante scolo oculo-nasale bianco sporco che ostacola la respirazione e che costituisce il maggiore veicolo di contagio per gli altri pennuti, cibo, bevanda e lettiera comprese. Le galline riducono o cessano la deposizione delle uova.
Il primo intervento è quello di cercare di eliminare i suddetti mezzi coadiuvanti favorendo la aerazione e, se possibile, il soleggiamento.
Nella forma infettiva tutte le suddette manifestazioni si accentuano in modo tale da potersi confondere a tutta prima col diftero-vaiolo : la secrezione catarrosa diviene purulenta, la respirazione sempre più difficile, il becco resta quasi sempre aperto e gli occhi semichiusi.
Occorre praticare delle iniezioni intramuscolari di 2 cc di terramicina o streptomicina. Si laveranno gli occhi con una soluzione di acido borico al 3 % e si ungeranno le narici con pomata alla penicillina.

9 - Tubercolosi

È caratterizzata, come quella umana, da un batterio che si insedia in vari organi producendovi i caratteristici tubercoli e conseguente degenerazione dei tessuti.
È diffusa in tutto il mondo ed in alcuni paesi assai più che da noi: mentre si può ritenerla ignota negli allevamenti industriali, compare sporadicamente in quelli rurali: in-teressa comunque assai meno di altri morbi perché essendosi notevolmente ridotto il ciclo economico dei polli essi vengono sacrificati prima che il male abbia modo di manifestarsi.
È comune a tutti gli animali e tra i volatili, oltre ai tacchini, colombi, fagiani, sono quanto mai ricettivi i pappagalli.
Il contagio si verifica a mezzo degli organi della respirazione e digestione attraverso a cui con l'aria o con i cibi e la bevanda inquinata, entrano i ben noti bacilli specifici. È un male prevalentemente cronico e quindi le manifestazioni si appalesano quando é assai avanzato : all'inizio esse sono comuni ad altre malattie, si nota cioé prostrazione, accentuato dimagramento, tanto che negli ultimi stadi i tapini si riducono a pelle ed ossa, nonostante non venga meno l'appetito, la temperatura segna sempre un lieve aumento, la cresta ed i bargigli si decolorano e spesso nelle articolazioni compaiono delle tumefazioni; verso la fine, le feci si fanno diarroiche e sanguinolente: la morte avviene per cachessia.
Gran parte delle uova deposte risultano infette. La certezza della diagnosi non si può quindi avere che dalla reazione positiva con una piccola goccia di tubercolina aviare,
che iniettata nella cresta od in un bargiglio, dopo 24-48 ore, se il pollo é ammalato, li fa gonfiare; oppure dall'esame necroscopico degli animali, specialmente del fegato, della milza e dell'intestino che si presentano cosparsi di numerosissimi noduletti biancastri, grandi quanto un grano di miglio o di un pisello, veri focolai di germi. Assai più degli antibiotici giova la profilassi della soppressione degli ammalati e l'accurata disinfezione.
La tubercolosi aviare non é pericolosa per l'uomo, ma sensibilizza bovini e maiali, che risultano positivi ai tests tubercolinici.

10 - Gangrena alare

Viene pure indicata col nome di stafilococcosi in quanto causata da germi di detto genere che penetrano nell'organismo attraverso ad abrasioni o lievi ferite della cute. È favorita dalle cattive condizioni dell'allevamento, dall'alimentazione scarsa od irrazionale nonché dall'angustia del locale e dell'eccesso di affollamento.
Le manifestazioni tipiche sono rappresentate da edemi emorragici alla base delle ali, delle zampe e del collo : notevole è la prostrazione e di solito si ha diarrea. Il male si mostra di preferenza in soggetti aventi circa due mesi.
Per la cura si consigliano specialità sulfamidiche ed antibiotiche, nonché l'aggiunta alla dieta di vitamina E e selenio (contenuto in alte dosi nel lievito di birra).

11 - Diarrea bianca bacillare o pullorosi

Per la sua grande diffusibilità e per l'alta mortalità che arreca (anche dell'80 %), é considerata la più grave setticemia che possa colpire i pulcini: questi, o furono contagiati dalla presenza di altri o nacquero da uova provenienti da galline portatrici del nefasto Salmonella pullorum, donde anche il nome di Salmonellosi con cui il morbo é indicato: compare di solito nella prima settimana di vita e non oltre la quarta; il decesso si verifica al secondo od al terzo giorno di malattia. È cosa poi ben nota che la maggior percentuale della cosidetta mortalità in guscio, durante la incubazione, va imputata all'uso di uova aventi il germe contagiato.
I primi sintomi sono offerti dal piumaggio opaco ed arruffato, dalle ali cadenti, da apatia, sonnolenza, scarso o punto appetito, frequenti stimoli di bere, tremori, gonfiezza del ventre e soprattutto da ripetute scariche diarroiche biancastre cremose che, raggruppandosi attorno all'ano, spiegano il nome di calcinaccio con cui il malanno è indicato nelle campagne. Anche se i pulcini riescono a sopravvivere rappresentano sempre dei sicuri diffusori dei bacilli che albergano nel loro intestino resosi assuefatto alla presenza di così sgraditi ospiti.
Quei soggetti che in seguito diverranno pollastrelle, continueranno ad emettere uova infette di guisa che il malanno si perpetuerà: é per questo che si consiglia la completa eliminazione dei soggetti colpiti.

Mentre nei pulcini il decorso é acuto, negli adulti é invece cronico : al male non si sottraggono i tacchini, le faraone, i fagiani.
L'allevatore per differenziare questa malattia dalla coccidiosi, terrà presente che la prima compare nei primi giorni di vita mentre la seconda dopo circa quindici giorni.
Sottoponendo alla autopsia il corpo di un pulcino si riscontrano gravi lesioni nei visceri nonché macchie biancastre sul miocardio : nelle galline gli organi colpiti sono in particolare le ovaie i cui eventuali ovuli si presentano raggrinziti e di tinta grigio-bruna. Per un sicuro giudizio si invierà con sollecitudine uno o più pulcini deceduti ad un Istituto zooprofilattico.
Altre precauzioni consistono nell'assicurarsi che i pulcini comprati da incubatoi risultino immuni dalla malattia: se la mortalità dovesse oltrepassare il 20% è consigliabile di sopprimere tutti i soggetti e dopo una scrupolosa disinfezione, iniziare l'allevamento da capo. Trattandosi di individui adulti si procederà a ripetute analisi della siero agglutinazione del sangue (da eseguirsi da un veterinario) in modo da evitare di impiegare le loro uova per la cova.
Alla comparsa delle prime manifestazioni del male non si perda tempo nell'asportare ed incenerire così la lettiera che i pulcini morti; l'incubatrice (1) dovrà essere smontata per poter giungere con la disinfezione in ogni sua parte od anfratto; il terreno attorno al pollaio sarà cosparso di calce viva od irrorato con una soluzione di creolina; nè si dimentichi che il Regolamento di Polizia Sanitaria prescrive la denuncia, sia di questa che di altre precedenti setticemie, al Sindaco nonchè il divieto di vendita di prodotti dell'allevamento infetto.

12 - Coccidiosi

È prodotta da un microrganismo protozoario del genere Eimeria, che s'insedia nelle vie digerenti causando enteriti spesso letali: notevole è la contagiosità e gli agenti veicolatori sono la bevanda, il cibo, gli escrementi : uccelli ed insetti possono pure venir incolpati. Colpisce i polli ed altri gallinacei di qualsiasi età.
(1) Le grandi incubatrici a schiusa separata si prestano meglio di quelle che l'hanno incorporata in quanto non è possibile intervenire senza pericolo di nuocere seriamente alle altre uova presenti.
I sintomi, oltre a quelli consueti delle precedenti malattie, sono costituiti dagli occhi lacrimosi, dalla sete ardente e soprattutto dalla profusa diarrea che è dapprima biancastra e successivamente rossastra per la presenza di strie sanguigne, il che spiega come il malanno venga pure indicato col nome di "diarrea rossa ". Alla osservazione microscopica dell'escreto si possono distinguere innumeri parassiti specifici.

Gli adulti perdono l'appetito, i giovani invece, si mostrano spesso più voraci del solito, però ben presto subentra un rapido dimagramento e paralisi delle ali e degli arti, mentre non sempre è dato riscontrare ringonfiamento dell'addome.
L'andamento del male è ora acuto ed allora la morte sopravviene dopo 4-6 giorni, ora subacuto, della durata di 15-18 giorni, ed ora cronico ; in questo caso non va dimenti-cato che i parassiti possono rimanere a lungo, allo stato latente, nell'intestino e quindi costituire una permanente minaccia di contagio: con gli escrementi vengono, infatti, emesse dalle galline le spore del parassita (od " oocisti ") che ingerite dai pulcini, trovano nel loro intestino un ambiente particolarmente idoneo alla evoluzione e dopo alcuni giorni possono essere così espulse nuove spore: é questo uno dei vari casi della deprecata coabitazione di adulti e giovani, prova ne sia che negli allevamenti in " batteria ", rispetto a quelli a " terra ", il pericolo di contagio e molto minore anche perché le feci vengono subito eliminate attraverso il pavimento grigliato.
La prevenzione e la lotta si attua con la somministrazione nella bevanda e nei pastoni, di vitamine e sulfamidici.
Al solito si prenderanno le consuete precauzioni di isolamento e disinfezione ed in particolare si cercherà di mantenere l'ambiente molto asciutto, dato che l'umidità é un mezzo più che favorevole alla vita dei coccidi.

13 - Aspergillosi

È una grave malattia degli organi respiratori provocata da un fungillo che penetra nel corpo mediante gli alimenti infetti: granaglie, foraggi e soprattutto pastoni caldo-umidi. È caratterizzata da escrescenze simili a noduli, di color grigio, grosse quanto un seme di miglio, disseminate nei polmoni ed, infine, di muffe grigie sulla trachea.

14 - Onfalite

È una malattia specifica dei pulcini appena nati e caratterizzata dalla infiammazione dell'ombelico di guisa che l'assorbimento del sacco vitellinico rimane ostacolato. I pulcini si infettano poggiando il corpicino sul pavimento della
incubatrice in precedenza contagiata e non a sufficienza disinfettata. I sintomi sono quelli consueti, e la mortalità può presentarsi assai elevata; l'intervento curativo richiede la somministrazione di antibiotici o sulfamidici nell'acqua o nel mangime. Occorre cercare di prevenire il malanno con l'accurata pulizia e disinfezione degli apparecchi dopo ogni schiusa ed inoltre evitare di porre ad incubare uova aventi il guscio sporco da feci tra cui possono annidarsi i germi specifici del male.

15 - Tigna - Mughetto

Sono due malattie causate da funghi microscopici ed entrambe assai contagiose di guisa che occorre prendere subito le consuete precauzioni di isolamento e disinfezione.
La tigna é volgarmente detta " cresta bianca" dal colore che assume la parte carnosa: se non si interviene subito, a poco a poco compaiono delle croste che finiscono con l'estendersi su parte del corpo provocando deplumazione ed anche morte per cachessia. La muffa causa del malanno appartiene al gen. Trycophiton.
Per la cura si attuano unzioni sulle parti colpite con glicerina iodata al 20%, oppure con una soluzione di acido salicilico al 10%.
Particolarmente ricettivi sono i polli tenuti in ambienti umidi, sporchi e male esposti; non va dimenticato che la tigna é non soltanto trasmissibile ad altri animali ma pure alle persone. Il mughetto é pure dovuto ad un fungo del genere Candida olbicans che dà origine, nell'ingluvie specialmente, a delle caratteristiche placche bianco-grigiastre ed é anch'esso indizio di una generale trascuratezza.
L'intervento consiste nel medicare l'acqua di bevanda con solfato di rame allo 0,5 per mille.

16 - Verminosi

È anche detta elmintiasi ed é tipica degli allevamenti rurali o di quelli industriali col sistema " a terra " in quanto l'infezione si verifica in conseguenza della abitudine di spargere le granaglie sul terreno o di lasciare razzolare i polli nei campi ed orti; infatti la malattia é pressoché ignota negli allevamenti in batteria : l'esito é più o meno favorevole a seconda del numero dei parassiti ospiti del pennuto e quasi sempre delle vie digerenti. Si dà il caso che allevamenti situati in ambienti umidi presentino delle infestioni veramente impressionanti, tanto che alla autopsia é dato scorgere il lume intestinale ostruito da fitti grovigli di vermi, tali da cagionare enteriti e coliche mortali.
Solitamente però la sintomatologia passa quasi inosservata così che il pollicoltore non si preoccupa gran che mentre purtroppo viene gradatamente rallentato lo sviluppo e la deposizione.
A seconda della specie di vermi le elmintiasi vengono denominate ascaridiosi, capillariosi, teniasi ecc.
Gli ascaridi sono di gran lunga i più comuni: hanno corpo bianco-rossastro, di varia lunghezza (circa 10 cm), cilindrico ed, a differenza di quanto si dirà per i vermi piatti, il loro ciclo evolutivo si compie senza ospiti intermedi; presentano sessi separati ed emettono continuamente delle uova che, per essere rivestite da una membranella resistente, possono mantenersi attive, nel terreno, per più mesi pervenutevi con gli escrementi sino a che, in determinate condizioni di temperatura ed umidità, schiudono e si trasformano, dopo 2-3 settimane, in larve: questi ingeriti dai pennuti divengono adulti nelle loro vie digerenti; se i parassiti sono in numero limitato i danni sono lievi, diversamente si osserva nei soggetti svogliatezza, inappetenza, cresta floscia, ano infiammato, dimagramento, anemia, cessazione di deposizione, vertigini, sussulti epilettiformi, paralisi, feci diarroiche ed emorragiche e sempre disseminate di uova o di vermi adulti.
Le tenie sono esili come nastri, lunghe da mezzo a 29 cm e formate dalla testa, detta scolice, tutt'attorno armata da uncini atti a fissarla stabilmente alla mucosa intestinale, e seguita da una colonna di anelli, o proglottidi, ciascuno dei quali é un individuo completo in quanto fornito di entrambi i sessi; le loro dimensioni vanno regolarmente aumentando verso la fine e gli ultimi anelli sono quelli più maturi atti ad emettere uova e via via staccarsi ed uscire all'esterno con queste, mescolati alle feci.
Le tenie presentano metamorfosi e dalle uova nascono delle larve il cui sviluppo si effettua sempre nel corpo di un ospite diverso (insetto, lombrico, lumachella) che venendo ingerito dal pollo, nel suo intestino finirà con l'evolversi, dopo circa 8-10 giorni, nello stadio di verme adulto: la infestione si riscontra di preferenza nelle galline razzolanti in località prossime ad acque stagnanti o correnti. Le capillarie, anch'esse assai temibili assomigliano a filamenti di 2-3 cm. sono meno facili a combattersi però, per fortuna assai meno frequenti.

L'intervento curativo é relativamente facile nei soggetti allevati in batteria od in pollai isolati mentre risulta evidentemente assai problematico per quelli viventi in piena libertà nelle campagne in considerazione del fatto che, se anche curati e guariti, saranno sempre in condizione di reinfestarsi: inutile poi aggiungere che se per gli adulti interviene di solito la " resistenza dell'età " ben diversa é la situazione per i giovani.
Nel passato venivano consigliati parecchi preparati, anche diversi a seconda della specie di vermi: ma da vari anni sono stati tutti sostituiti dall'adipato di iperazina assai
più efficace, più rapido, innocuo e non richiedente preventivo digiuno : la dose é di 100-120 g (per ogni kg di peso del pollo) oppure 3 g per ogni kg di mangime sotto forma di pastone al quale il medicamento sarà mescolato: detta polvere può anche versarsi nella bevanda (2 g per ogni litro), ma, come già si é detto in altre circostanze, se la cosa si presenta più spiccia é però meno sicura in quanto non si può avere mai la certezza che i polli consumino gran parte del cibo o della bevanda. I vermi vengono espulsi, semiparalizzati, dopo circa 6 ore dalla ingestione del medicinale.
L'intervento successivo consiste nella consueta accurata disinfezione del pollaio, delle suppellettili e del terreno annesso: la lettiera verrà spesso sostituita con altra asciutta mentre la preesistente verrà interrata assieme a calce viva: il luogo prescelto dai polli per la siesta sarà irrorato con una soluzione di creolina in modo da impedire lo sviluppo delle uova o delle larve dei parassiti. Un'altra avvertenza é quella di scegliere, per l'ubicazione del pollaio, un luogo asciutto e di evitare sempre ogni ristagno d'acqua: usare abbeveratoi a sifone, meno facili all'inquinamento e rovesciamento, lottare contro le mosche e gli insetti in genere munendo le finestre di telai retinati. Il pavimento, e particolarmente quello dei capannoni industriali, dovrebbe essere in gettata di cemento per agevolarne la pulizia. Il suddetto adipato, che tra l'altro non ostacola affatto la deposizione, sarebbe bene usarlo ogni mese, specialmente per gli allevamenti all'aperto e con l'avvicinarsi dei calori estivi. Pure raccomandabili sono i periodici esami delle feci per accertarsi della eventuale presenza dei sgraditi ospiti e poter così intervenire subito.
Per la terapia della capillariosi é necessario ricorrere al tetramisole, mentre per la tenìasi a potenti tenifughi.

17 - Singamosi

È detta anche verme rosso, tracheo-bronchite, ed é causata dalla presenza, nelle prime vie respiratorie, di un vermetto nematode, in apparenza forcuto, in realtà costituito dalla unione del maschio con la femmina; é di colore rossastro e somigliante ad una minuscola sanguisuga, il maschio é lungo 3-4 mm e la femmina 1-2 cm. Osservando attentamente la gola dei pazienti, contro una forte luce, é possibile scorgerlo: pure agevole la diagnosi esaminando al microscopio le feci, o la bava che cola dal becco e che di solito contengono le uova del parassita. Sono colpiti tutti i gallinacei, tacchini e fagiani specialmente, nonché i palmipedi in caso di coabitazione.

La malattia é nota da oltre sei secoli ma soltanto in questi ultimi anni venne presa in seria considerazione: è pressoché sconosciuta nelle zone di alta montagna od in quelle litoranee marine, mentre é frequente in quelle di piano o collinose umide.
Alle volte i due vermetti possono scendere ed allogarsi nei bronchi e polmoni rendendo molto più difficile l'azione curativa. Avvenuto l'accoppiamento e la fecondazione, dopo pochi giorni sono emesse le uova che, se non rigettate dalla bocca, vengono deglutite ed espulse poi con le deiezioni; giunte nel terreno vi subiscono per una, due settimane la incubazione al termine della quale si liberano delle larvettine che, per essere capaci di vivere liberamente nel terreno, costituiscono il mezzo più facile di infestione per altri pennuti; questi, beccando semi, erbe od altro, finiscono con l'ingerire anche dette larve; altre volte il contagio avviene per aver inghiottito lombrichi, lumachelle ed insetti nel cui corpo possono albergarle per lungo tempo.
La sintomatologia é assai appariscente: i soggetti colpiti sono frequentemente scossi da starnuti, tosse secca, allungamento del collo e scuotimento della testa come se trovassero difficoltà di respirare e deglutire, continui sono gli sbadigli di guisa che il becco rimane quasi sempre aperto all'inizio però il pennuto mangia regolarmente ma a poco a poco i fatti suddetti si accentuano così che finisce per morire asfittico. Nei pulcini bastano 3-4 di questi vermi perché l'esito sia letale; negli individui adulti se ne sono contati anche più di 30.
La guarigione spontanea é pressochè impossibile. Alla autopsia si riscontrano, oltre ai parassiti in numero vario, anche le mucose della gola dei bronchi e polmoni, molto infiammate.
Le necessarie misure preventive sono: l'isolamento dei primi colpiti, la disinfestione del pollaio, delle mangiatoie ed abbeveratoi, nonché l'allontanamento ed abbruciamento della lettiera, ed infine lo spargimento di calce viva o di solfato di ferro sul terreno circostante al ricovero, arandolo
poi in modo da interrare le eventuali larve, uova o vermi; tanto meglio se si potrà cambiare il posto del pollaio. Per precauzione il suddetto trattamento con la impolverizzazione verrà ripetuto a tutti i soggetti in primavera od in autunno.
La terapia consiste in somministrazioni per via orale di tetramisole.

18 - Rogna o Scabbia

È anche conosciuta col nome di scabbia e come la verminosi é molto diffusa negli allevamenti rurali trascurati. Si manifesta specialmente, sui tarsi e sulle dita sotto forma di squamette farinose biancastre che in seguito si agglutinano col secreto sieroso (fig. 197). Usando una lente é dato scorgere, sotto le croste, innumeri animaletti, del gen. acari (di cui la femmina, che é di maggiori dimensioni, misura da 0,2 a 0,8 mm) che scavano nel derma ramificati cuniculi provocando distruzione di tessuto ed intenso prurito che si accentua con la esposizione al sole. 

Può anche darsi che il malanno si localizzi in altre regioni (collo, petto, dorso) con la formazione di noduletti, vescichette, escoriazioni e relativa caduta delle piume che solitamente si verifica in un periodo diverso da quello della muta.
I soggetti colpiti grattandosi finiscono con l'estendere il male e graduatamente, se non curati, anemizzano sino a morire cachettici.
Per la terapia si ricorre ai numerosi preparati antiscabbia del commercio.

Essendo la malattia molto contagiosa si devono subito isolare i primi colpiti, disinfestare accuratamente il pollaio nei modi già detti (specialmente con ripetute irrorazioni di una soluzione al 5 % di zolfo colloidale o di esteri fosforici al 2-3 per mille).
Per quanto riguarda la rogna dermanissica, dovuta ad altre specie di acari che di notte invadono tutto il corpo per succhiarne il sangue, si rimanda al Cap. seguente.

19 - Pidocchi

Oltre ai parassiti interni i polli vengono in particolar modo infestati da quelli esterni, od ectodermici, che annidandosi sotto il piumaggio non danno loro alcuna tregua specialmente alla comparsa dei primi calori estivi; se l'ambiente é mal tenuto si possono riscontrare delle forti invasioni cagione di viva irritazione, dimagramento, anemie, arresto di sviluppo nei soggetti giovani e diminuzione di fecondità e deposizione negli adulti.

Questi parassiti si suddividono in varie specie di cui le principali sono le due seguenti:
1) mallo fagi, rappresentati soprattutto dal " pidocchio pollino " di colore biancogrigiastro a digiuno e rosso dopo il succhiamento e così piccolo che appena lo si scorge ad occhio nudo : sue sedi preferite sono le basi delle piume della testa, del collo delle ali e della regione anale : se ne sta ammassato con altri senza mai spostarsi: applicando il palmo di una mano sopra una delle suddette zone e sollevandolo dopo breve tempo lo si vede tutto punteggiato di parassiti; essi sono talmente prolifici che, in meno di un mese, da una coppia possono derivare da 50 a 60 mila discendenti !
2) gamasidi, comprendenti il cosiddetto " pidocchio rosso " o " dermanisso ", ematofago al massimo grado, ancora più piccolo dei precedenti ma assai più pericoloso e differenziantesi anche dalle abitudini; infatti non si riesce mai a trovarlo di giorno sulle vittime perché se ne sta nascosto tra gli interstizi delle pareti del pollaio o dei posatori o nei nidi, mentre di notte assale i pennuti senza requie. Ha corpo ovoidale, appena discernibile, di color grigio anche esso a digiuno mentre quando é sazio di sangue é rosso scuro e naturalmente di maggiori dimensioni; possiede sei zampe incurvate ed un robusto pungiglione; dalle uova, entro pochi giorni, si originano gli individui adulti che, se trovano un ambiente caldo e sudicio si moltiplicano tosto con tale rapidità da divenire in un mese dei milioni. I sessi sono separati, le femmine misurano 0,75 mm e poco meno i maschi; hanno metamorfosi completa e sono capaci di resistere parecchie settimane e più senza cibarsi, cosicché se qualche allevatore pensasse di potersene sbarazzare, allogando per qualche giorno le sue galline in altro sito, farebbe cosa vana. Anche le loro uova sono assai resistenti potendo sopportare temperature elevate. Per accertarsi della loro presenza basta sollevare le piume di un pollo ed osservare, di notte, la pelle, aiutandosi per maggior sicurezza, con una lente.
Le galline ovaiole quando si recano nel nido, e lo trovano infestato, fuggono emettendo caratteristiche grida: durante la cova alcune abbandonano ogni cosa, mentre altre si sacrificano sino a morire dissanguate.
Come la maggior parte dei parassiti cutanei, preferiscono ospiti giovani o deboli perché riesce loro più agevole
pungerne, ripetute volte, la tenera pelle. Di notte sono capaci di compiere lunghi tragitti alla ricerca delle loro vittime e se non possono avvicinarle si raccolgono sul soffitto e si lasciano cadere sul loro corpo.
Entrando in un ricovero fortemente invaso, una persona pratica se ne accorge subito da uno speciale odore acre e dalle chiazze bianco-grigiastre dei posatoi, dovute ad ammassi di uova o di rivestimenti cutanei di questi acari. I polli molto infestati presentano le piume arruffate e continuamente sollevate dal becco alla ricerca degli introvabili nemici: la cresta ed i bargigli sono di tinta pallida e tutta la pelle é cosparsa di macchioline rosse prodotte dalle punture. Il dimagramento è graduale e così sensibile da potersi avere la morte per cachessia.
Già si é ricordato come questi ed altri consimili nefasti parassiti possano riuscire doppiamente dannosi, albergando sovente microrganismi che inoculati saranno causa di gravi malattie infettive (tifo, colera, spirochetosi ecc. ).
L'intervento deve quindi essere fatto senza indugio, ripetuto a distanza e radicalmente, rivolgendosi nel tempo stesso ai ricoveri ed ai pennuti, e non dimenticando mai che, per prevenire tutti questi guai, l'arma più efficace é rappresentata dalla pulizia, aria, sole.
Il ricovero verrà irrorato con latte di calce addizionato del 5 % di petrolio od anche con una soluzione del 2 per mille di esteri fosforici, curando che il liquido penetri in tutte le fessure; oppure si svilupperanno dei fumi di anidride solforosa, che sono tra i più energici: dopo di aver fatto uscire i polli, e chiuse tutte le aperture, si pone nel pollaio una scodella con entro un pugno di zolfo misto ad un po' di salnitro o di alcole, e gli si dà fuoco, chiudendo subito la porta e non aprendola che 48 ore dopo.
I poggiatoi, se vecchi, saranno dati alle fiamme e del pari i nidi, diversamente si laveranno con una soluzione di soda bollente e mai con disinfettanti a forte odore perché le galline diserterebbero poi certamente il giaciglio. Trattandosi di un pollaio metallico si può anche lestamente avvamparlo con un piroforo.
Quando la popolazione pennuta é numerosa, giova insistere nella prevenzione sottoponendo i ricoveri a periodiche ed abbondanti vaporizzazioni con una soluzione al 2 per mille di esteri fosforici, e se i pollai fossero provvisti di parchetto lasciare che i polli possano avvoltolarsi nel già citato " bagno secco ".
Pure utilissimo isolare i poggiatoi nel modo a suo tempo detto ed, infine, per i ricoveri rustici può tornare efficace appendervi dentro e di sera, dei fastelli di fronde di sambuco o di ontano che si troveranno la mattina successiva tutti ricoperti di parassiti: non resterà allora che abbruciarli e sostituirli con altri.

20 - Avitaminosi

L una malattia comune a tutti i pennuti sia da cortile che da gabbia e tanto più se compresi nell'età da 3 a 9 mesi e nella stagione primavera-estate; essa é strettamente legata al regime alimentare carente di determinati fattori (vitamine A, B, C, D, PP) che, come in precedenza indicato, risultano di essenziale importanza nel regolare il normale funzionamento organico.
Questi ne sono i sintomi: anemia delle parti carnose della testa, apatia e debolezza generale, irritazione della terza palpebra (o nittitante) nonché comparsa di essudato biancastro nella cavità orbitale ed anche presenza di scolo nasale e pustolette.
Per prima cosa si deve provvedere all'eliminazione delle cause, scartare tutto ciò che non é perfettamente sano, pulito, fresco, appropriato, attenendosi a quanto esposto nel Cap. seguente.

21 - Rachitismo

È una forma collaterale della precedente che colpisce di preferenza i pulcini sino dal primo giorno di nascita e che può provocare elevata mortalità o per lo meno un impossibile intervento economico.
Tra i sintomi caratteristici si notano : una cattiva conformazione dello scheletro e principalmente della colonna vertebrale e degli arti che si presentano deviati e talora tanto deboli da non poter sorreggere il corpo, in modo che il tapino é obbligato al permanente decubito. Le ossa sono sovente così tenere da lasciarsi piegare. La causa del male va ricercata nella scarsa robustezza dei genitori, nella alimentazione insufficiente e inadatta e particolarmente deficiente di sali di calcio, fosforo e delle vitamine A (o della crescenza) e D (od antirachitica perché calcio-fosfofissatrice), ed infine nell'ambiente malsano. Bisogna quindi eliminare questi inconvenienti: si dia cibo sostanzioso, ricco di albumine (residui carnei, farina di pesce, ecc.), di verdure, apportatrici delle citate indispensabili vitamine, come cavoli, erba medica, trifoglio, ortica, residui di pomodoro, lievito di birra, germi di grano, ed infine non si dimentichi di non lasciar mancare nelle tramogge i granulati di ossa o dei gusci d'ostrica, e nei pastoni destinati ai giovani un g a testa di olio di fegato di merluzzo o di tonno. Il ricovero sia bene esposto e protetto soprattutto dal freddo e dall'umido.
Contro la debolezza delle zampine si possono anche praticare delle pennellature di iodio 1 g, alcole 20 g e glicerina 10 g.

22 - Polineurite

Questa malattia si allaccia alle due precedenti essendo dovuta soprattutto alla carenza della vitamina B, e quindiil suo quadro assomiglia al ben noto " beri-beri " che travaglia le popolazioni dell'Oriente per il prevalente uso del riso brillato. Anche nei polli insorge per una alimentazione ir razionale, per essere tenuti sempre al rinchiuso e lungi dai benefici effetti delle radiazioni solari.
La sintomatologia é data da movimenti disordinati, incapacità di deambulazione, paralisi delle ali e piedi: non mangiano, dimagrano sinché soccombono. L'intervento presuppone la eliminazione delle cause avverse e la som ministrazione di specialità vitaminiche e minerali.

23 - Pica

È nota anche con i nomi di becchettamento, Merofagia, ed é una mania di origine nervosa riscontrabile più di fre quente nei soggetti allevati in ricoveri molto angusti che li spinge a beccarsi tra loro rabbiosamente la base delle penne, con preferenza di quelle della regione circumanale, del dorso e del collo, sino a ridursi alle volte in uno stato veramente pietoso: così conciati é facile che soggiaccino a guai ben maggiori.
Il danno che all'allevatore ne deriva é assai notevole anche perché questo pervertimento si propaga, quasi per contagio ed in breve tempo, a tutti i componenti.
Spesso é il gallo che viene preso di mira alla cresta ed inutile risulta il tentativo di proteggerla con tintura di aloe o di assafetida.
Si ritengono circostanze coadiuvanti il pollaio male aerato l'eccesso di caldo o di luminosità la carenza della bevanda e, per talune galline, anche il rilassamento della cloaca.
Più incline al malanno risulterebbero le razze selezionate leggere, rispetto a quelle pesanti od agli ibridi.
Molti interventi sono stati consigliati e di essi se ne indicano i principali:
1) possibilmente lasciare vagare il pollame all'aperto;
2) spargere le granaglie tra la lettiera per obbligare i pennuti a distrarsi nella ricerca; ridurre la dose del mais a beneficio di altri cibi più ricchi di sostanze proteiche (farina di carne o di pesce, o di latte, avanzi di macelleria); aggiungere ai pastoni una piccola quantità icco1a di un amaricaute (assenzio, genziana ecc.); salare la pietanza per alcuni giorni od anche l'acqua da bere (5 g di sale da cucina in un litro d'acqua);
3) mantenere l'ambiente nella semioscurità oppure tingere le vetrate di blu, oppure usare lampade a raggi infrarossi; 
4) effettuare il cosiddetto " debeccaggio " consistente nella amputazione, con una lametta ben tagliente, di poco meno di mezzo cm della parte superiore del becco (che si rifà entro una ventina di giorni); negli allevamenti industriali si ricorre ad apposite tenagliette o particolari strumenti elettrici che permettono di operare rapidamente e con precisione prima recidendo e poi cauterizzando l'estremità cornea, questo lavoro può attuarsi al tavolo con l'aiuto di una pedaliera. L'intervento può farsi anche sui pulcini quando abbiano compiuti dieci giorni ed indirettamente serve ad evitare lo spreco del mangime fuori della mangiatoia;
5) applicare il metodo americano basato sull'impiego di speciali mascherine che lasciano uscire da una fessura il becco, oppure quello olandese consistente in paraocchi di plastica che, tramite un anello, si fissano con pinze al setto nasale e che limitano il campo visivo soltanto verso il basso in modo da non ostacolare la prensione del cibo ;
Quando la pica si manifesta sui pulcini, specialmente se tenuti nelle batterie, può assumere un tale impressionante
accanimento da condurre ad una vera forma di cannibalismo: incomincia un pulcino a beccarsi l'ano, a causa del prurito provocato da feci raggrumate: alla prima stilla di sangue che compare é assalito da parte degli altri che si avventano con una tale insistenza che alle volte viene forata, ed anche estratta, la cloaca o parte dell'intestino e, cosa curiosa, il malcapitato non si ribella. Dopo di lui, un altro pulcino che subisce la stessa sorte e così via.

Eccessivo affollamento, deficienza di vitamine, di proteina, di sali minerali (di sodio, calcio, magnesio ecc.) concorrono a favorire detta manifestazione: é quindi necessario intervenire a tempo per eliminarla: si consiglia la vitamina C nella dose di 1-2 gocce a testa e per giorno mescolata ai pastoni, oppure l'olio di fegato di merluzzo (un cucchiaio da tè per 15 soggetti).

24 - Artrite

Trattasi di malattia dovuta precipuamente al freddo ed all'umido, e quindi indirettamente al pollaio male ubicato od avente fori e crepe attraverso a cui si originano perniciose correnti d'aria, e siccome vi concorre di solito anche la lettiera molto sporca, per residui alimentari, il tutto fa pensare ad un insieme oltremodo trascurato. Il malanno può colpire gli arti che vengono spesso trascinati rasente terra, oppure le ali cascanti in basso per la mancata forza di sollevamento; stando così le cose non è attuabile un trattamento economico.
Non va dimenticato che anche virus e batteri possono essere causa specifica del male.

25 - Apoplessia

È quasi sempre la conseguenza di un colpo di sole, accidente che si verifica non di raro quando i pennuti siano forzatamente obbligati a rimanere per più ore sotto la sua implacabile sferza, circostanza che non succede quando abbiano la possibilità di muoversi alla ricerca di un migliore refrigerio : casi analoghi si hanno allorché si spediscono i polli in gabbie e queste siano lasciate sbadatamente sulle banchine delle stazioni.
Siccome la morte é fulminante alle volte qualcuno potrebbe anche pensare ad una improvvisa malattia infettiva acutissima, tanto più che le vittime presentano alcuni caratteri affini (cianosi della cresta e dei bargigli, palpebre edematose, epidermide disseminata di petecchie e di tinta violacea ecc.): il sicuro accertamento si può avere dall'esame necroscopico.
Un accidente simile, detto colpo di calore, può verificarsi per i pulcini allorquando si stipino eccessivamente sotto le " cappe " allevatrici con riscaldamento centralizzato in modo che al calore prodotto da tutti i loro corpicini si somma quello notevole della lampada.

26 - Diarrea semplice

È caratterizzata da frequenti scariche semiliquide, spesso mucose e di vario colore. Ne é causa l'abuso di foraggi verdi,
bagnati, guasti, l'acqua impura, l'umido od il freddo. Per maggior sicurezza si isolino i colpiti allogandoli al caldo ed all'asciutto, perché potrebbe essere anche un sintomo di qualche grave malattia. Da bere si dia latte acido od acqua addizionata con 1'1 % di solfato di ferro. Dopo un giorno di completo digiuno, si somministri riso molto cotto, pane imbevuto di vino, granaglie diverse e pastoni quasi asciutti con l'aggiunta di un cucchiaino di carbone di legna in polvere ed altro di fondi di caffé od anche un po' di ghianda pestata, oppure 1-2 g di genziana. Qualora nelle deiezioni si riscontrassero dei vermi si veda quanto esposto in precedenza e se il paziente presentasse il gozzo enfiato quanto é detto al N. 28.

27 - Costipazione

Questo malanno dipende dall'accumulo di cibo o di sterco nelle vie digerenti e sovente é la conseguenza di una alimentazione troppo asciutta. Si somministri una purga sotto forma di olio di ricino o di sale amaro (2-3 g) sciolto in acqua e mescolato ai pastoni, oppure 1-2 g di foglie di sena polverizzate ed incorporate ai suddetti, oppure si faccia inghiottire a viva forza una pallottolina di burro in cui si sarà incorporato un po' di aloe (quanto un chicco di frumento). Per qualche giorno si tenga l'animale a dieta a base di verdure e pastoni semifluidi e sempre addizionati di semi di lino preparati in questo modo: in un recipiente si pongono ad ammollare 10 g di detti semi in 50 g di acqua fredda, lasciandoveli per 24 ore, dopo di che si scolano e si adoperano, rinnovando però per più giorni la preparazione.

28 - Ostruzione del gozzo

È la conseguenza del ristagno del cibo nell'ingluvie, tanto più se si tratta di pezzetti grossolani di patata, carota, barbabietola ecc. od altri costituiti da cellulosa indigeribile come frammenti di baccelli, bucce ecc.
La diagnosi dell'accidente é facile in quanto il gozzo si presenta alla palpazione ora assai consistente (cibostasi) ed ora molle perché in parte occupato dal gas generatosi col processo fermentativo.
L'animale non mangia e non beve, mentre sbadiglia frequentemente e lascia colare dal becco un liquido vischioso e puzzolente: cresta e bargigli divengono violacei.
L'intervento da attuarsi é il seguente: innanzitutto si tiene l'animale a completo digiuno per una giornata e gli si somministra a viva forza un cucchiaino di olio di ricino od un cucchiaio di olio comune e con ripetute palpazioni e massaggi, sulla zona enfiata, si cerca prima di mescolare bene l'olio al cibo ristagnante e quindi si tenta di fare defluire il tutto verso il ventriglio e, se non si riesce, si massaggia in senso inverso in modo da favorire il vomito.
Raggiunto che si abbia lo scopo, si tiene ancora per qualche giorno il pennuto a dieta, dandogli tre volte al giorno del succo di limone, o del caffé, o lasciandogli bere a volontà acqua con un pizzico di bicarbonato. Di solito entro pochi giorni l'animale si rimette.
Ma alle volte non si riesce nello scopo: non resta allora che di tentare la ingluviotomia, praticando, con una lametta tagliente e disinfettata e dopo aver spiumata la zona, un taglio nel collo sino all'interno del gozzo: con le dita se ne asporta allora il contenuto, indi con una soluzione disinfettante si lava la parte ed infine si cuce con filo bianco, prima il viscere e poi la pelle terminando con una pennellatina di tintura di iodio sulla ferita. Ciò fatto si tiene l'animale in luogo tranquillo, appartato dai compagni, alimentandolo, nei tre giorni successivi unicamente con pastoni fluidi.

29 - Gotta

Questo malanno insorge alle volte durante i mesi invernali allorché i polli vengono tenuti per lungo tempo al rinchiuso ed alimentati copiosamente con razioni ricche di proteina (farina di carne, di pesce, avanzi di macelleria, avena ecc.) e carenti della vitamina A. Nelle articolazioni dei tarsi, delle dita ed alle volte anche alla base delle penne, compaiono, sotto la pelle, piccoli noduletti duri, dolenti, dovuti ad alterato ricambio in modo che l'acido urico ed i suoi sali, od urati, precipitano depositandosi nelle suddette sedi e provocando indebolimento generale, gonfiori ed ostacolo alla deambulazione od al volo; i soggetti camminano saltellando, oppure strisciando al suolo con le dita private della naturale elasticità : quando sono a riposo, tengono sollevata l'una o l'altra zampa.
Dopo qualche settimana le tumefazioni, le cui dimensioni possono andare da quelle di un pisello ad una nocciola, si aprono lasciando uscire un liquido giallastro e di consistenza cretacea : accentuandosi il male insorge la diarrea ed il dimagramento sinché l'animale soccombe per cachessia.
La cura consiste nella tempestiva parziale sostituzione dei pastoni e dei suddetti mangimi tanto più se salati, con molta verdura ed aggiungendo alla bevanda del bicarbonato sodico (15 g in un litro d'acqua) o meglio di carbonato di litio (10 g in un litro) o di acido salicilico (un g in un litro).
Anche i pulcini, specialmente se di importazione, o quelli assoggettati a bruschi cambiamenti di vitto, possono soggiacere ad una forma di gotta viscerale cagione di elevata mortalità.

30 - Congiuntivite

È l'infiammazione della membranella che riveste internamente le palpebre : tutto l'occhio si presenta arrossato
e lacrimoso; ne é cagione l'ambiente antigienico, umido, sporco e con la lettiera in fermentazione. Si lavino gli occhi con un batuffolo di bambagia imbevuto di acqua salata o di infuso di camomilla o di soluzione borica tiepida al 3%. Ma se il male persistesse e si aggravasse, si isolino subito i soggetti colpiti, e si instillino negli occhi ogni giorno alcune gocce di solfato di zinco in soluzione al 0,3% o si insuffli un po' di calomelano.
Nel caso si osservassero false membrane ed ulcerazioni corneali sarebbe un sintomo del diftero-vaiolo, già descritto.

31 - Ragadi - Sobbattitura

Sono delle screpolature che si verificano alle volte sulle zampe a cagione della cattiva manutenzione del pollaio, sia per le listerelle del pavimento legnose con spigoli scheggevoli, sia per essere lo stesso formato da acciottolato sconnesso e consunto; la sporcizia, l'umido ed il freddo ritardano la cicatrizzazione e favoriscono anche la comparsa di pustolette ed ascessi: necessità di assicurarsi che sotto la pianta dei piedi non siano conficcati corpi estranei: si detergano prima le parti offese con lavacri tepidi di acqua disinfettante e poi si ungano con pomata all'ittiolo od all'ossido di zinco o con glicerina iodata (3:1).

32 - Ferite e fratture

Le prime possono essere dovute a beccate, a chiodi, pezzetti appuntiti di legno, a cocci di vetro ecc. Si lavino con alcole o con una soluzione di creolina, o di acqua ossigenata o di lisoformio, o si pennellino con tintura di iodio; qualora apparisse del pus si usi l'olio fenicato. Se la ferita fosse di una certa ampiezza, dopo di averla disinfettata se ne riuniscano i lembi con alcuni punti e si cosparga poi di polvere cicatrizzante (in mancanza di " streptosil " od altra può servire la cenere di legna stacciata e pulita).
Le fratture delle zampe e delle ali sono piuttosto rare e conseguenza di cadute, di zuffe o di sassate da parte della ragazzaglia.
Trattandosi di un animale comune conviene sacrificarlo perché non sarebbe economico perdere dietro ad esso troppo tempo, mentre se di valore si può tentare un intervento chirurgico.
Se la rottura riguarda un tarso si cerca, tirandola un po', di rimettere a posto la parte, indi si fa una lieve fasciatura coprendola con cotone e tre stecche di legno sottile, ma non pieghevole, lunghe poco più della zampa, che si tengono a posto con una benda intrisa di gesso e bagnata all'istante. Si colloca l'animale in un cesto basso ed in luogo appartato e tranquillo.
Se invece si tratta di un'ala rotta, dopo di averne bene avvicinate le parti lese la si fa aderire al corpo, passandovi sopra una larga benda, alquanto tirata ma che lasci libera l'ala sana.
In entrambi i casi non si deve rimuovere la fasciatura prima di 30-40 giorni.

33 - Perosi

Viene così chiamata la deviazione dell'articolazione femoro-tibiale che può comparire nei soggetti giovani od adulti e che, qualora non ne sia una causa specifica il freddoumido, può imputarsi alla assenza di manganese negli alimenti somministrati; trattasi, infatti, di un metallo che difficilmente entra a far parte anche dei consueti condimenti, eccezion fatta per alcune specialità: lo si usa nei suoi composti salini solubili (carbonato, solfato, cloruro di manganese) nella dose di circa 0,5 g per ogni 10 kg di mangime.
È dato spesso di riscontrare perosi ai piedi in quei soggetti che vennero tenuti a lungo in batterie con pavimento in rete metallica.

34 - Prolasso dell'ovidotto

Le cause che possono provocare il suddetto inconveniente sono diverse: debolezza organica, deficienza di proteine nella razione, abitudine di deporre uova di volume superiore al normale, infiammazione delle vie sessuali (ovidottite), sia per una prolungata ovulazione, sia per alterazioni conseguenti alla pessima abitudine della esplorazione rettale da parte delle massaie per accertarsi della eventuale deposizione delle uova.
Alla fuoriuscita dell'ovidotto si può accompagnare quella della cloaca che si presenta alla apertura anale come un sacchetto gonfio ed arrossato. L'intervento consiste nel lavare la porzione fuoriuscita, con una soluzione disinfettante, ungerla con olio di oliva e cercare di sospingerla delicatamente in sede; successivamente si praticheranno delle irrorazioni rettali, con una peretta di gomma, di una soluzione tiepida di allume all'uno per cento.
I pazienti si terranno a digiuno per un giorno, isolandoli in luogo tranquillo, con poca luce e senza posatoi. Nei pastoni si aggiungerà qualche seme di lino di azione lassativa. Non si dimentichi, però, che il malanno è di solito recidivante così che le suddette pratiche finiscono coll'essere superflue.

35 - Stentata deposizione delle uova


Si dà alle volte il caso che galline vecchie o troppo giovani o molto grasse non riescano, nonostante i ripetuti conati, ad emettere l'uovo tanto più se di grosse dimensioni; ne sono segni caratteristici il correre di qoà e di là con ansia e sgomento od il fermarsi tratto tratto per accovacciarsi.
Si può tentare di salvarle da sicura morte ungendo la cloaca con una piuma flessibile intrisa di olio e cercando di
penetrare anche tra il guscio e la mucosa, ciò fatto si esporrà, per qualche minuto, la parte posteriore del corpo, ed a più riprese, ai vapori di una pentola di acqua in ebollizione; la dilatazione prodotta dal calore é spesso sufficiente a far sì che l'uovo fuoriesca tanto più se si esercita una lieve pressione con la mano.
Ma se nonostante questi tentativi non si riuscisse non rimane che cercare di rompere il guscio, servendosi di un cucchiaino unto d'olio e sempre agendo con molta cautela per non provocare pericolose lesioni; qualora l'inconveniente dovesse altre volte ripetersi, probabilmente a causa di una alterazione dell'ovidotto, conviene sacrificare il soggetto.

36 - Emissione di uova senza guscio

Vengono deposte con una certa frequenza da galline affette da infiammazione o da tare dell'ultima porzione della cloaca (ovidottite), - ed in tal caso il male é pressoché incurabile - così che l'uovo viene espulso prima di essersi rivestito dell'involucro calcareo e così va perduto. Anche l'eccesso della ovodeposizione può condurre a detto inconveniente. In via subordinata può concorrervi una alimentazione irrazionale, scarsa della vitamina D (calciofissatrice), o l'ambiente angusto, umido senza il beneficio dei raggi solari. Si lascino in tal caso razzolare liberamente le galline nei campi onde possano cercarvi il necessario complemento fisiologico o, non potendolo, si somministrino verdure, granaglie diverse, pastoni di crusca e farine addizionati di ossa macinate o di gusci di ostrica (nella dose di 3-4 g a testa per giorno), o, meglio ancora di olio di fegato di merluzzo (1-2 g), condimento stimolante e vitaminico per eccellenza.
Molte altre possono comunque essere le cause: per es. le verminosi e soprattutto una malattia virale specifica chiamata Egg Drop Syndrome (EDS) 76, per la quale esiste
un apposito vaccino, da praticarsi per via intramuscolare a 16-18 settimane di età.
Infine, va fatto presente che la emissione di uova con guscio molto sottile o mancante può essere anche dovuto a ripetuti disturbi alle ovaiole da parte di forti rumori o dalla presenza di cani o gatti che innervosendole sono causa di una repentina diminuzione della secrezione delle ghiandole calcigene dell'ovidutto.

37 - Ovofagia

È il vizio di molte galline di mangiare le uova appena deposte. Le massaie, spesso indispettite nel trovare il nido vuoto, finiscono col tirare il collo e mettere nella pentola le colpevoli ma non é affatto necessario ricorrere a mezzi così estremi. Premesso che se le galline mangiano le uova se ne deve ricercare la causa in un bisogno fisiologico insoddisfatto di sostanze proteiche e di sali calcarei e pertanto si dovrà innanzitutto provvedere che le prime siano comprese nei pastoni ed i secondi non manchino nelle tramogge.
Non si devono mai gettare in pasto alle galline i gusci delle uova usate in cucina perché in tal modo non si fa che spingerle alla ovofagia; bisogna se mai frantumarli e farli cuocere nei pastoni, od anche metterli in un forno a 1000, perché, così sterilizzati, non divengano veicoli di malattie qualora fossero inquinati da batteri. Si sono infatti verificati casi di pullorosi e di peste in conseguenza all'uso di gusci di uova inquinate.
Quanto sopra esposto ha un'azione preventiva ed anche curativa del malanno, ma a lunga scadenza. Per raggiungere subito lo scopo desiderato occorre invece ricorrere ai già descritti nidi di sicurezza, che sono delle ceste o delle cassettine a doppio fondo atte ad occultare l'uovo appena deposto.
Questo metodo é più pratico e sicuro di quello dell'impiego di uova marce, o di marmo, o di gusci riempiti con cenere, vischio o con sostanze irritanti (pepe), puzzolenti (assafetida) o lacrimogene (ammoniaca), che se obbligano l'animale ad allontanarsi dopo le prime beccate non valgono però a correggerlo dal vizio; del pari non riesce sempre la spuntatura del becco consigliata da taluni.

38 - Avvelenamenti

Possono essere provocati dall'impiego di recipienti di piombo o di rame non stagnato o da medicamenti inadatti od in dose superiore alla tolleranza, dall'ingestione di erbe velenose (cicuta, acetosella, aconito, senape bastarda, fraina, digitale, cavolaccio, stramonio, gigaro, loglio, mercuriale, anemone, ranuncolo, belladonna, edera, tasso, colchico, giusquiamo, erba mora, elleboro ecc.) od imbrattate di soluzioni arsenicali (largamente usati nelle campagne come insetticidi) (1), o dalla somministrazione di alimenti esageratamente salati, dall'aver beccato sostanze topicide o dei granelli di nitrato del Cile o di altri concimi similari sparsi nei campi e nei prati. Ad evitare questo ultimo accidente si dovrà ricordare di non tenere aperti sacchi di fertilizzanti nei cortili o nei locali accessibili ai pennuti e di rinchiudere questi, nei giorni in cui si fa lo spargimento, e per alcuni successivi.
I sintomi più salienti dell'avvelenamento sono: generale prostrazione ed anche collasso, spasmi muscolari, abbassamento di temperatura, diarrea striata di sangue. Alla
(1) Nell'estate 1950 una famiglia di agricoltori del Veneto ebbe a subire gravi manifestazioni di avvelenamento per aver mangiato carne di un pollo che - come l'autopsia poté dimostrare - a sua volta aveva ingerito delle larve di " dorifora", in precedenza combattute con arsenito di calcio.
autopsia si riscontra la mucosa gastrica ed intestinale spesso ulcerata, estese emoragie. L'intervento é molto problematico richiedendosi per ogni tossico un antidoto specifico: in linea generale può giovare la somministrazione del bianco d'uovo sbattuto nel latte, oppure la metionina od i complessi vitaminici tra cui il fattore K. Qualora l'avvelenamento fosse dovuto ad ortiche si cerchi di far bere dell'acqua di calce, seguita da un purgante.

39 - Muta

Non é propriamente una malattia ma uno stato transitorio di crisi al quale per natura soggiacciono tutti i pennuti, in primavera ed in autunno, per liberarsi del vecchio piumaggio e sostituirlo con altro novello : detto fenomeno non si verifica per gli uccelli viventi nelle regioni calde.
I pulcini nati in primavera mutano nell'autunno dell'anno successivo e se le nascite avvenissero più tardi si può andare incontro all'inconveniente di vedere comparire la muta in pieno inverno allorché molto minori sono le difese dell'organismo.
La muta può essere precoce o tardiva: la prima (estiva) alle volte si prolunga anche per parecchi mesi e, come é lenta la caduta del piumaggio del pari lo é la ricrescita; l'allevatore ha quindi tutta la convenienza di sbarazzarsi di questi animali non appena il fenomeno incomincia a manifestarsi; ben diverso é il caso per quelli che mutano nel tardo autunno (ottobre, novembre), in quanto il fatto é alle volte così rapido che di esso neppure ci si può accorgere: sono questi i soggetti da tenere da conto e meritevoli di essere selezionati perché se si tratta di galline sono quasi sempre delle ottime ovaiole.
Per sapere chi dei vari soggetti allevati muta prima, si porrà attenzione alle eventuali piume che si trovassero nel pollaio, cercando di individuare a chi siano appartenute.
La caduta si inizia, di solito, dalla testa per estendersi al collo, petto, dorso, ali e coda.
Inutile poi aggiungere che la muta avviene in modo più agevole nei pennuti sani e vigorosi, mentre il contrario si verifica per quelli deboli o malaticci che non sempre riescono superarla: per essi rappresenta una manifesta minorazione fisiologica: si presentano, infatti, tristi e svogliati anche nel mangiare, se ne stanno rincantucciati o si indugiano a lungo sui posatoi e col passare dei giorni sia la cresta che i bargigli sbiadiscono ed il piumaggio non aderisce più bene al corpo.
In questa fase critica si consiglia l'allevatore di circondare i suoi protetti di maggiori attenzioni, scegliendo alimenti più sostanziosi ed aggiungendo nei pastoni la già citata farina di piume per il suo cospicuo apporto di quegli elementi organici e minerali che vanno perduti; infatti, una gallina con la deplumazione si spoglia, in media, di 150 g di piume, il che richiede, per il loro rimpiazzo, tra l'altro, circa 135 g di proteine (quante ne sono cioé contenute in 20 uova!); ed ancora siccome é stato constatato che in questo periodo si verifica una sensibile diminuzione del tasso del calcio nel sangue (che da 30 mg scende anche a meno di 12 mg per ogni 100 cc) ne consegue che non si deve mai lasciar mancare nelle tramogge il calcare od i granulati di ossa, e neppure si trascureranno le preziose vitamine, ed in particolare la B12, ricorrendo a quei foraggi che ne sono largamente forniti (erba medica, trifoglio, ortica, cavoli ecc.), infine si concederà ai polli una maggior libertà anche per evitare che insorgano manifestazioni di pica.
Considerato poi il particolare stato fisiologico in cui viene a trovarsi il soggetto non deve destare meraviglia se lo stesso si mostra svogliato nell'avvicinarsi alla mangiatoia, si dovrà quindi stimolarlo con dei pastoni che, se richiedono perdita di tempo nel prepararli, sono però sempre molto accetti e tanto più se offerti tiepidi durante le
giornate piovose. Vi sono pure allevatori che intervengono aggiungendo alla razione degli integrativi aminoacidi (che sono i prodotti della scissione delle proteine nelle vie digerenti) quali la cistina e la metionina nella dose media di 2 g per ogni kg di mangime.

Nei grandi allevamenti si suole anche tener separate le galline che hanno già subita la muta per meglio poter ac
cudire le rimanenti; né manca chi interviene provocando forzatamente in anticipo la muta (nell'estate) mediante la, riduzione ed anche la temporanea sospensione, per un paio di giorni, del cibo e della bevanda.
Infine, non sarà fuor di luogo ricordare che, nella fase iniziale, é facile confondere la deplumazione fisiologica con quella parassitica: all'uopo basterà osservare la base delle piume che dovrà presentarsi intatta nel primo caso, mentre rotta o corrosa nel secondo.

Testi tratti da Marino Cortese 1969

 

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